S. Maria delle Grazie

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Santuario S. Maria delle Grazie Incoronata

ROSARIO DEDICATO ALLA MADONNA DELLE GRAZIE IN DIALETTO PROCIDANO

Le prime notizie storiche sulla chiesa della Madonna delle Grazie risalgono al 1500.

«Nel 1521 – si legge nella Storia- di Procida di Mi­chele Parascandolo, recentemente ristampata – c’era già la cappella o chiesetta di S. Maria delle Grazie in granciam (che significa granaio, fattoria)…

Essa confinava con lo Scarrupato dalla parte su­periore, con la via pubblica dalla parte inferiore e dalla parte d’oriente… Nella Chiesa vedevasi un dipinto della Vergine, dei candelabri, dei voti appesi e una costa di balena».

«La chiesetta fu ampliata nel 1600, ma non ebbe la sufficiente altezza, perchè i baroni Di Iorio, che abita­vano nella torre di rimpetto, lo impedirono per avere più libera la vista del mare e dell’isola».

Altre trasformazioni si resero necessarie nel tempo per la particolare configurazione geografica della chie­sa, mentre la maestosa cupola troneggia, tra cielo e mare, sullo scenario incantevole della Marina Corricella dal 1928.

L’altare più antico è quello del Crocifisso, possente scultura lignea, e reca la data del 1732; subito dopo viene quello di S. Giuseppe, il cui quadro più antico (1769) è nello studio del parroco, mentre quello attual­mente esposto è degli inizi del 1900, ed è segnato con la data del 1734.

I due troni di legno dorato del Crocifisso e di S. Giuseppe sono opera dei sigg. Palazzotti di Napoli, che hanno lasciato i segni della loro valentia e sensibilità artistica anche in altre chiese di Procida. A distanza di più di un secolo, il 26 giugno 1863 fu consacrato l’attuale altare maggiore, fatto di sceltissimi marmi e con un bellissimo ciborio. Quindi fu costruito nel 1866 l’altare, originariamente dedicato alla Beata Vergine della Salette, quando era nel pieno fervore il culto alle Apparizioni della Vergine in quella terra di Francia, e su cui oggi è esposto un quadro della giovinetta martire S. Maria Goretti.

L’ultimo altare – 1867 è quello dedicato a S. Francesco di Assisi, dove il serafico Patriarca è dipinto su di una vecchia tela proprio con il serafino, quando ricevette le Stimmate. La nostra chiesa ha una tradizione francescana ed era tra le privilegiate per l’acqui­sto della Indulgenza detta della Porziuncola, come si  rileva da una lapide del 1881. 

In  sacrestia fu portato a termine, nel 1890. il vestia­rio, solido e artistico lavoro di intarsio molto ammirato. Fu eseguito da Gaetano Lauro e tramanda le  figure di Salvatore e Bernardino Albano, collettori (amministratori), e di Luigi Perillo, economo (curatore del­le anime). Strutturata principalmenteda quattro scomparti con ante nella zona inferiore, di cui i due centrali muniti di tre cassettoni, al di sopra un piano in abete che favorisce l’accesso agli undici sportellini. Questi ultimi sono realizzati ad intarsio e raffigurano i dodici apostoli. Al centro della zona superiore una cornice intarsiata con motivi floreali racchiude una tela raffigurante l’Immacolata con Santa Lucia e San Gaetano da Tiene; subito al di sotto si nota la firma e la data della realizzazione della sacrestia, eseguita da Gaetano Lauro nel 1890, e tramanda le figure di Salvatore e Bernardino Albano, collettori (amministratori), e di Luigi Perillo, economo (curatore delle anime). Sul lato sinistro e sul lato destro si elevano rispettivamente tre “pannelli” con lastronature in legno di noce, divise da lesene intarsiate con la tecnica del “foro e controforo” in chiaroscuro. I sei “pannelli” sono caratterizzati da cornici ottagonali di colore nero, che rimandano ai sei ovali intarsiati con rappresentazioni sacre quali: “Sacro cuore di Gesù” – “La Vergine della Saletta” – “San Francesco” – “Natività” – “Fuga in Egitto” e “Sacro cuore di Maria”. A delineare la sacrestia nella parte alta è una modanatura in legno scuro che ne percorre tutto il perimetro, mentre nella zona inferiore è presente una pedana costituita da diverse assi in legno di abete. Nel 2017 sono stati eseguiti lavori di restauro.

Nello studio del parroco, da cui si accede al terrazzino  che si apre su di uno stupendo panorama, una botola in marmo bianco ricorda che nel sotterraneo di quella stanzetta furono sepolti i sedici martiri della libertà, fatti impiccare dai Borboni nel giugno del 1799 per avere essi aderito alla Repubblica partenopea nella piazza antistante la chiesa, denominata per  questo nel 1864 Piazza dei Martiri. Tra quegli eroici ci sono tre sacerdoti: il Vicario Curato di S. Michele D. Nicolò Lubrano di Vavaria, D. Antonio Scialoia, zio dell’omonimo Statista ed economista, la cui statua è nella piazza citata, e D. Antonio De Luca di Ischia, i quali diedero un luminoso esempio di dignità civica e di fierezza cristiana.  Inoltre vi è dipinto olio su tela “San Giuseppe con Bambino fra San Rocco e Santa Teresa” di ignoto napoletatano datato 1769, ed un crocifisso in legno policromo e argento meccato di ignoto napoletano sec. XVIII.

Il «cuore, della chiesa è però «Lei»: la deli­ziosa immagine della Vergine, la cui origine si perde nel tempo. Da una lapide sappiamo che i Procidani l’adornarono di oro, di argento, di marmi nel 1854, in ringraziamento per la liberazione dalla peste.

Descriverla non vale: qui i canoni dell’arte e del­l’estetica non c’entrano. Ognuno può provare per conto proprio: basta mettersi davanti a quella Immagine e subito si delinea negli occhi e nello spirito una visione della «Madre delle Grazie» «della dolcissima Maria» che ti incatena e ti incanta.

La devozione dei Procidani verso la Madonna delle Grazie è da sempre ed è giunta, con un filone ininter­rotto, fino ai nostri giorni. Il mese di Luglio è «il mese della Madonna» è «il mese delle Grazie», è un richiamo irresistibile che spinge a correre alla Madonna delle Grazie per intrattenersi un’ora con Lei; è uno di qui segni misteriosi, che sfuggono ad ogni analisi, ma che ti mettono dinanzi a un fatto, come cioè si realizza anche oggi, in una comunità cristiana, un mistero sto­ricamente molto lontano, nel nostro caso il mistero della Visita di Maria, e per mezzo di Lei, di Gesù alla casa degli uomini. Nel frastuono di correnti turistiche sempre più numerose in movimento verso le sorgenti genuine della distensione e dello svago, vedere tanti fedeli, soli o a gruppi, fare sosta a «Semmarezio» per rinfrescare il proprio spirito sul cuore della Mamma «la bellissima bellezza» e per trasformare la pic­cola chiesa, in alcuni momenti della giornata, in una cattedrale di preghiere di lodi, di slanci verso la Bene­detta fra le donne, è, fuor di dubbio, un «segno di Dio».

Nella storia secolare di questa benedetta devozione fu incastonata il 10 agosto 1924 una gemma fulgidissima, la solenne Incoronazione dell’antica, ve­nerata e prodigiosa Immagine, compiuta dal Card. Alessio Ascalesi (il suo stemma assieme a quello del Papa dell’epoca, Pio XI, è nella cona dell’abside; e per l’iniziativa e lo zelo del primo parroco Mons. Domenico Amalfitano.

L’incoronazione portò al riconoscimento alla chiesa, da parte dell’Autorità Diocesana, nel 1930, del titolo di Santuario Mariano. La storica data viene ce­lebrata ogni anno con solenni riti pontificali, e ogni cinque anni anche con manifestazioni esterne, che culminano quasi sempre con una caratteristica processio­ne a mare. Successivamente il Santuario è stato affiliato alla Basilica Papale di S. Maria Maggiore a Roma. 

Il 1974 fu un anno eccezionale, si compiva il Cinquantenario della Incoronazione, e la comunità mariana di Procida ebbe l’onore e la gioia della parola augusta del S. Padre Paolo VI, il quale a un numeroso pellegrinaggio a Castelgandolfo al quale si era recato, il 24 luglio 1974, recitò un bellissimo messaggio. Dopo l’Incoronazione questo messaggio del Papa è stato il dono più bello che il Santuario gelosamente conserva.

Un altro momento eccezionale è stato l’Anno Mariano, indetto dal Papa Giovanni Paolo II dalla Pentecoste del 1987 all’assunzione del 1988, nella prospettiva del terzo millennio dell’area cristiana, celebrato con particolare intensità nel Santuario, meta privilegiata di pellegrinaggi.

Il frutto più prezioso dell’Anno Mariano è stato l’Oratorio “D. Salvatore Massa” un’istituzione a favore dei giovani, “opera indispensabile” per una parrocchia, che voglia essere “comunità che educa” e vuol dare la risposta “Gesù Cristo” alle nuove generazioni.

L’inaugurazione avvenne il 4 dicembre 1988 e suscitò stupore e gioia nel popolo, posto di fronte alla realizzazione di una struttura che è novità assoluta per Procida.